Valerio Adami

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Valerio Adami (Bologna, 17 marzo 1935) è un pittore italiano.

Partito da una pittura espressionista influenzata dall’opera di Francis Bacon e poi da una pittura astratto – gestuale, si pose successivamente il problema del recupero della figurazione risolta, secondo i moduli della Pop Art americana e in particolare di Roy Lichtenstein, sviluppando una sorta di racconto a fumetti fantastico e ironico dove in interni spersonalizzati si dispongono oggetti banali, assunti come simboli, anche sessuali, della modernità. Lo stile si distingue nell’uso di una materia cromatica in stesure piatte, liscie e continue, dentro le nette recinzioni nere del disegno.

Biografia

Dal 1954 frequenta l’Accademia di Brera a Milano, sotto la guida di Achille Funi. Nel 1955 compie il primo viaggio a Parigi, dove entra in contatto con i pittori Wifredo Lam e Roberto Sebastian Matta. Nel 1958, partecipa al Premio Marzotto, vincendolo ex aequo, e nel 1959 tiene la sua prima mostra personale alla Galleria del Naviglio di Milano. Nel 1980 viene selezionato dal Catalogo Nazionale d’Arte Bolaffi (no. 15) assieme a Giulio Paolini, Valerio Adami, Lucio Bulgarelli, Gianfranco Goberti, Cassano e Mimmo Paladino. Lavora tra Londra e Parigi dall 1961 al 1964, anno in cui è presente con una sala personale a Documenta 3 di Kassel; nel 1967 a New York realizza una serie di tele che esporrà l’anno successivo alla Biennale di Venezia.

Dal 1969 tiene personali allo Studio Marconi di Milano; nel 1985 esegue le otto vetrate per il nuovo Hôtel de Ville di Vitry-sur-Seine e appare una mostra antologica al Centre Pompidou di Parigi; nel 1986 partecipa alla XLII Biennale di Venezia e tra quest’ultimo anno e il 1987 realizza i due grandi pannelli per l’atrio della Gare d’Austerlitz a Parigi; successivi sono i cinque pannelli murali per la First National City Bank di Madison e il grande muro di ceramica per la nuova scuola di belle arti a Cergy-Pontoise.

Partecipa ad una serie di retrospettive a Madrid nel 1991, a Siena nel 1994, a Bochum nel 1997 e a Buenos Aires nel 1998.

Arman

L’arte non è mettere ordine nel mondo ma suggerire metodi di aggregazioni capaci di sviluppare processi di conoscenza interna ed esterna, interiore ed esteriore
(Oggettistica in pittura – L’arte non è mettere ordine nel mondo, Achille Bonito Oliva).

Nato a Nizza nel 1928, Arman è tra i primi firmatari (insieme a Klein, Hains, Raysse, Tinguely, Villeglé, Dufrêne) ed esponente di rilievo del Nouveau Réalisme, il movimento nato attorno al critico Pierre Restany che nell’aprile del 1960 ne stilò il manifesto. “Il Nouveau Réalisme è una rivoluzione dello sguardo, una nuova dimensione della sensibilità”. Il movimento deriva, pur prendendone le distanze, dalle avanguardie dadaiste di inizio secolo, delle quali riprende l’atteggiamento dissacrante nei confronti dell’arte tradizionale. Con la sua esclusiva azione, l’artista compie un processo di dissemblage quando l’oggetto/opera d’arte non viene semplicemente esposto, ma sottoposto ad un’azione distruttiva metafora della violenza che la società esercita sui valori morali.

Arman, maestro del Nouveau Réalisme
Arman, al secolo Armand Fernandez, nato a Nizza nel 1928, dopo un primo esperimento nella pittura tradizionale, abbandonò a partire dal 1952 l’utilizzo del “cavalletto”, per una nuova ricerca d’espressione.
Cominciò con “timbri” su carta moltiplicati ossessivamente (Cachets), passò alle tracce e alle impronte (Allures). E’ tra il 1960 e 1962 che si compie il suo destino, pervenendo ad uno stile nuovo e potente; l’artista focalizza lo sguardo sulla natura moderna, industriale e urbana, appropriandosi degli oggetti della strada: li spezza, li assembla, li comprime e li colpisce di vampe di colore, arricchendoli di drammaticità. Partendo dagli oggetti raccolti dalla strada arriva alla loro de-strutturazione trasformandoli quindi “in massa e colore” mediante un processo di contaminazione. L’opera di Arman non può avere confini limitati, non è pura pittura, non è pura scultura. Lui stesso si definisce “un peintre qui fait de la sculpture”. Infatti anche nelle sue opere “frontali” – definite “superfici”, perché come egli stesso sostiene “anche nelle mie composizioni volumetriche la mia volontà è sempre pittorica più che scultorea” – la sua nozione del volume è lontana da quella degli scultori “puri”.

Ciò che caratterizza l’artista francese è un nuovo modo di osservare gli oggetti “inutilizzati”, ma recanti tracce dell’uomo, convertiti nel linguaggio semplice del “consumatore”.

Nella ricerca di nuove creazioni, resa necessaria dalle vecchie pitture, ha esplorato il settore dei rifiuti e degli scarti industriali; perviene quindi alla piena drammaticità dell’oggetto quando il suo gesto diviene collera che lo porta a distruggere gli oggetti o a bruciarli, e infine prova nuove combinazioni nelle sue “inclusioni”.

Partito dalla pittura, Arman è artista peculiare per aver fatto la sintesi di tutte le procedure sull’oggetto: sintesi quindi della sintesi.

L’arte tradizionale viene così dissacrata in favore di una revisione dell’estetica dell’oggetto.

Nouveau Réalisme per Arman significa assemblare oggetti che la nostra società reputa marginali e insignificanti, puntando l’attenzione su ciò che non notiamo ed esaltando così il valore di ciò che utilizziamo quotidianamente: come uno strumento musicale che emette melodie e crea emozioni, ma che nella poetica di Arman viene spaccato, sezionato e non trasmette suoni. Diviene così un articolo di “contemplazione”, facendoci ricordare che in ogni oggetto che ci circonda è contenuto “ingegno”. Questo concetto Arman lo esprime attraverso la musicalità dei colori.

“Nella ricerca di nuove creazioni – scrive Arman – ho in maniera cosciente esplorato il settore dei rifiuti, degli scarti, degli oggetti manufatturati scartati, in una parola: gli inutilizzati. (…) Io affermo che l’espressione dei rifiuti, degli oggetti, possiede il suo valore in sé, direttamente, senza volontà di ordinamento estetico, cancellandoli o rendendoli simili ai colori di una tavolozza. (…) In questo procedimento noi possiamo considerare che l’oggetto scelto non è in funzione dei criteri DADA o SURREALISTA; non si tratta di decontestualizzare un oggetto dal suo substrato utilitario, industriale o altro per dargli, per una scelta di presentazione o un inclinazione del suo aspetto, una determinazione diversa dalla propria. … Ma la questione al contrario è di ricontestualizzarlo in se stesso in una superficie sensibilizzata x volte dalla sua presenza duplicata; ricordiamo la frase storica: mille metri quadrati di blu sono più blu di un metro quadrato di blu, io dico dunque che mille contagocce, sono più contagocce che un solo contagocce.” (Arman, Realismo delle Accumulazioni, Zero 3, Dusseldorf, luglio 1961, pubblicato in 1960 Le Nouveau Réalisme, catalogo dell’esposizione M.A.M. di Parigi, 1986).

Nonostante le opere di Arman siano espressione di tecnica e stile in sé inconfondibili, evidenti sono i rimandi a varie correnti moderniste.

I violini sezionati richiamano le scomposizioni del Cubismo; i tubetti di colore, i cui tracciati con le loro fantasmagoriche volute di colore compongono tele di grandi dimensioni, sembrano rendere omaggio a Pollock; ed ancora, le fusioni di bronzo, sezionate e riassemblate, con la loro aura “classica” fanno eco ai paesaggi di De Chirico

 

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