Fernand Leal Audriac

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Nasce a Città del Messico nel 1958 in una famiglia di artisti. Apprende tecniche della Pittura Medioevale dal Maestro Guillermo Sanchez Lemus. Nel 1986 espone a “Dibujo” alla Universidad Ibero-Americana di Città del Messico, quindi dal 1991 al 1993 è presente con mostre personali in Messico alla Galeria des Arte Mexicana, alla Galeria Hakim e al Museo del Placio de Bellas Artes. Nel 1994 epone all’Istituto Italo-Americano a Roma e alla “Casa del Mantegna” a Mantova. Nel 1995 è presente alla Biennale di Venezia ed espone a Parigi, al Centre Cultural du Méxique.

“Fernando Leal Audriac rappresenta il Messico alla Biennale di Venezia del 1995, l’anno del centenario dell’Istituzione. A trentasei anni Fernando Leal è considerato in protagonista della scena artistica messicana. Uomo di cultura, sensibilità internazionalista, Leal pratica con garbo e maestria una pittura espressionista deliberatamente eclettica nel suo vocabolario. L’ artista è un virtuoso del disegno ed addirittura trasferisce il suo repertorio grafico dalla carta alla tela, dalla matita al pennello. Tutte le opere “lineari” di Leal illustrano la grande libertà gestuale ed il senso acutissimo della sua iscrizione nello spazio pittorico. E’ un grande stratega della linea. Il pubblico romano ha potuto vedere, nei mesi di settembre ed ottobre dello scorso anno, presso l’Istituto Italo-Latino-Americano un capolavoro della sua brillante estrosità grafica “Litoral de lo finito”, un polittico su tela di m. 2.20×19.60. Nel suo testo di presentazione del polittico gigante, Juan Acha ha saputo sottolineare l’originalità di questa iconografia parietale. La strategia della linea non è l’unico dispositivo dell’opera di Ferdinando Leal; la sensualità materica costituisce l’altro polo dialettico della sua espressività. Leal dimostra delle doti precise ed efficaci di colorista e di regista della luce. L’arte polivalente di Ferdinando Leal Audriac è la manifestazione dell’amore assoluto per la vita di una coscienza irriducibilmente umanista”.

Da: “una coscienza irriducibilmente umanista”. Pierre Restany, Milano marzo 1995

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